Si è espressa oggi la Corte Suprema di Cassazione sulla commercializzazione dei derivati della canapa.
La sentenza stabilisce che del genere Cannabis Sativa L., le foglie, infiorescenze, olio e resina, non sono commercializzabili a meno che non rientrino nelle varietà di canapa inscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole, e che tali prodotti siano privi di efficacia drogante.
Ma come si stabilisce l’efficacia drogante?
Con il decreto del Ministero della salute dell’11 Aprile 2016, si è provveduto alla determinazione dei limiti quantitativi massimi relativi alle sostanze stupefacenti, identificando nella D.M.S. (dose media singola), la quantità di principio attivo per singola assunzione, idonea a provocare in un soggetto un effetto stupefacente.
Par quanto riguarda la Cannabis Sativa L., fiori o resina, è stabilito che la D.M.S. del principio psicotropo THC è di 25 milligrammi.
Di conseguenza, è consono dedurre che per quanta riguarda i derivati prodotti nel settore florovivaistico della canapa, dei raccolti da varietà inscritte nei cataloghi comunitari delle specie agricole, siano leciti alla commercializzazione i prodotti con meno di 25mg di THC, e una confezione di fiori recisi secchi, dovrà contenere meno dello 0,5% di THC.
Si attendono nei prossimi giorni ulteriori delucidazioni migliori, le motivazioni della sentenza e in un prossimo futuro, aggiornamenti della legge 242/2016 che deve assolutamente garantire chiarezza e tutela dei coltivatori e commercianti, per l’evoluzione di tutto il settore agroalimentare legato a questa pianta.